Recensione: "A un passo dalla vita" di Thomas Melis
09:34:00Eccoci per la seconda recensione della settimana! Questa volta è il turno di "A un passo dalla vita", di Thomas Melis, edito da Lettere Animate. Un romanzo drammatico, che parla di temi difficili come la droga, l'alcol, e la perdizione giovanile. Un romanzo che parla della nostra generazione, tremendamente "désenchantée".
SINOSSI
È una Firenze fredda, notturna e mai nominata quella che fa da palcoscenico alla storia di Calisto e dei suoi sodali, il Secco e Tamagotchi. La città è segnata dalla crisi globale, dietro l’opulenza pattinata del glorioso centro storico si nasconde la miseria dei quartieri periferici. Calisto è intelligente, ambizioso, arriva dal Meridione con un piano in mente e non ha intenzione di trasformarsi in una statistica sul mondo del precariato. Vuole tutto: tutto quello che la vita può offrire. Vuole lasciarsi alle spalle lo squallore della periferia – gli spacciatori albanesi, la prostituzione, il degrado, i rave illegali –, per conquistare lo scintillio delle bottiglie di champagne che innaffiano i privè del Nabucco e del Platinum, i due locali fashion più in voga della città. Calisto vuole tutto e sa come vincere la partita: diventando un pezzo da novanta del narcotraffico. Cupamente, nella rappresentazione di un dramma collettivo della “generazione perduta”, schiava di un sistema socioeconomico degenere e illusa dalle favole di una televisione grottesca, si snoda questa storia di ingiustizie e tradimenti, ma anche di amicizie e amori forti tragicamente condannati. Perché il male non arriva mai per caso e la vita non dimentica mai nulla, non perdona mai nessuno.
In quel momento dimenticavo una regola fondamentale.
Dimenticavo che il successo guadagnato con la fortuna
è come lo splendore di un plenilunio:
quando la fortuna finisce rimane solo il lato oscuro.
Affrontare la recensione di un libro come "A un passo dalla vita" può a prima vista sembrare difficile. Non perché il libro non mi sia piaciuto o altro, ma perché esso tratta di argomenti molto delicati, quali alcol, droga, spaccio, estorsione, e via dicendo.
Effettivamente, il romanzo di Melis è tutto tranne che uno di quei libri che leggi magari in estate, sulla spiaggia, o sul terrazzo, o ancora sul treno del ritorno. "A un passo dalla vita" è un romanzo difficile, che ti fa pensare. Che ti lascia qualcosa, una volta terminato. Che ti lascia la consapevolezza di quanto siano fragili le nostre vite, e di quanto siano corruttibili i nostri spiriti.
Il romanzo è ambientato nella Firenze dei nostri giorni. Calisto, il protagonista, viene dal sud e la sua famiglia fa parte di quella generazione di italiani che non è nata "lungo la sponda giusta" del fiume del nostro paese. Ergo, non ha privilegi, e deve faticare per racimolare quel poco che gli permette di andare avanti. Calisto, però, ha già capito tutto: se vuole sopravvivere, in questa Italia di pescecani, deve guadare il fiume e andare "dall'altra parte". Ma non lo vuole fare con i mezzi semplici che, si sa, spesso comportano fatiche, e non sempre danno i risultati sperati. Lui vuole arrivarci con il turbo. E così, assieme ad altri suoi compagni di "sventura"come il Secco e il Tamagochi, si lancia nel businness dello spaccio. Soldi, donne, alcol, droga, bei vestiti e belle macchine. Tutto quello che ha sempre desiderato può adesso ottenerlo con un semplice schiocco delle dita. Ma, si sa, la fortuna, quella guadagnata facilmente, non dura molto...
"A un passo dalla vita" ci racconta la storia di ragazzi come noi che non si accontentano di quello che hanno, ma che vogliono di più. E che fanno di tutto per ottenerlo, non considerando le conseguenze che, quando arrivano (perché arrivano sempre), possono essere letali. La Firenze raccontata è come una città allo specchio: da un lato, i prestigiosi quartieri, i mondani locali notturni, come il Nabucco o il Platinum, la gente con i soldi che comanda; dall'altro, le periferie, le zone abitate da albanesi spacciatori, il degrado umano e morale. Quello che accomuna queste due zone è il collante dell'intera storia: droga e alcol, che diventano lo strumento di una generazione che vuole dimenticare i propri problemi, o cancellarli, perdendo inesorabilmente se stessa.
È una Firenze fredda, notturna e mai nominata quella che fa da palcoscenico alla storia di Calisto e dei suoi sodali, il Secco e Tamagotchi. La città è segnata dalla crisi globale, dietro l’opulenza pattinata del glorioso centro storico si nasconde la miseria dei quartieri periferici. Calisto è intelligente, ambizioso, arriva dal Meridione con un piano in mente e non ha intenzione di trasformarsi in una statistica sul mondo del precariato. Vuole tutto: tutto quello che la vita può offrire. Vuole lasciarsi alle spalle lo squallore della periferia – gli spacciatori albanesi, la prostituzione, il degrado, i rave illegali –, per conquistare lo scintillio delle bottiglie di champagne che innaffiano i privè del Nabucco e del Platinum, i due locali fashion più in voga della città. Calisto vuole tutto e sa come vincere la partita: diventando un pezzo da novanta del narcotraffico. Cupamente, nella rappresentazione di un dramma collettivo della “generazione perduta”, schiava di un sistema socioeconomico degenere e illusa dalle favole di una televisione grottesca, si snoda questa storia di ingiustizie e tradimenti, ma anche di amicizie e amori forti tragicamente condannati. Perché il male non arriva mai per caso e la vita non dimentica mai nulla, non perdona mai nessuno.
In quel momento dimenticavo una regola fondamentale.
Dimenticavo che il successo guadagnato con la fortuna
è come lo splendore di un plenilunio:
quando la fortuna finisce rimane solo il lato oscuro.
Affrontare la recensione di un libro come "A un passo dalla vita" può a prima vista sembrare difficile. Non perché il libro non mi sia piaciuto o altro, ma perché esso tratta di argomenti molto delicati, quali alcol, droga, spaccio, estorsione, e via dicendo.
Effettivamente, il romanzo di Melis è tutto tranne che uno di quei libri che leggi magari in estate, sulla spiaggia, o sul terrazzo, o ancora sul treno del ritorno. "A un passo dalla vita" è un romanzo difficile, che ti fa pensare. Che ti lascia qualcosa, una volta terminato. Che ti lascia la consapevolezza di quanto siano fragili le nostre vite, e di quanto siano corruttibili i nostri spiriti.
Il romanzo è ambientato nella Firenze dei nostri giorni. Calisto, il protagonista, viene dal sud e la sua famiglia fa parte di quella generazione di italiani che non è nata "lungo la sponda giusta" del fiume del nostro paese. Ergo, non ha privilegi, e deve faticare per racimolare quel poco che gli permette di andare avanti. Calisto, però, ha già capito tutto: se vuole sopravvivere, in questa Italia di pescecani, deve guadare il fiume e andare "dall'altra parte". Ma non lo vuole fare con i mezzi semplici che, si sa, spesso comportano fatiche, e non sempre danno i risultati sperati. Lui vuole arrivarci con il turbo. E così, assieme ad altri suoi compagni di "sventura"come il Secco e il Tamagochi, si lancia nel businness dello spaccio. Soldi, donne, alcol, droga, bei vestiti e belle macchine. Tutto quello che ha sempre desiderato può adesso ottenerlo con un semplice schiocco delle dita. Ma, si sa, la fortuna, quella guadagnata facilmente, non dura molto...
"A un passo dalla vita" ci racconta la storia di ragazzi come noi che non si accontentano di quello che hanno, ma che vogliono di più. E che fanno di tutto per ottenerlo, non considerando le conseguenze che, quando arrivano (perché arrivano sempre), possono essere letali. La Firenze raccontata è come una città allo specchio: da un lato, i prestigiosi quartieri, i mondani locali notturni, come il Nabucco o il Platinum, la gente con i soldi che comanda; dall'altro, le periferie, le zone abitate da albanesi spacciatori, il degrado umano e morale. Quello che accomuna queste due zone è il collante dell'intera storia: droga e alcol, che diventano lo strumento di una generazione che vuole dimenticare i propri problemi, o cancellarli, perdendo inesorabilmente se stessa.
L'uomo sapeva, aveva sempre saputo,
che non sarebbe stata la gloria a riempire il suo destino,
che quello appena consumato era stato un finale scontato.
Aveva sempre vissuto così: a un passo dalla vita.
Aveva sempre scelto strade brevi,
sempre rifuggito il sacrificio nell'inseguimento
della grandezza di un attimo.
Mi è piaciuto molto di questo libro lo stile di scrittura: fluido, essenziale, che racconta "terra a terra" i problemi di questa generazione perduta. L'utilizzo del linguaggio parlato nei dialoghi, di termini dialettali a trecentosessanta gradi (meridionale, fiorentino, milanese, genovese, ma anche albanese) cerca ancora di più di evidenziare il distacco e la differenza tra regioni e classi sociali. Questo l'ho notato soprattutto analizzando la figura della ex fidanzata di Calisto, milanese e di buona famiglia: l'utilizzo ripetuto di termini anglofoni denota una cultura che vuole e che sa di essere superiore alle altre, e soprattutto a persone come il protagonista e i suoi amici, il cui linguaggio, invece, è spesso dialettale. Un elemento che ho molto apprezzato, perché ti fa toccare più a fondo una situazione che è molto attuale: il divario tra nord e sud, soprattutto, ma anche tra le varie regioni, che fanno dell'Italia più un coacervo di "culture" (se così si possono chiamare) che uno stato nazionale a tutti gli effetti.
In definitiva, "A un passo dalla vita" è un romanzo che ho davvero apprezzato, perché rispecchia molto quello che la nostra generazione sta passando in questo momento: la crisi economica, il lavoro che non c'è, la pulsione verso qualcosa di indefinito che ci spinge ad andare oltre il limite, la rabbia che spesso coviamo verso qualcosa cui aneliamo ma che non possiamo raggiungere...
Una lettura che consiglio a chi vuole qualcosa di scorrevole ma impegnativo, che faccia riflettere.
Il mio voto:
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