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lunedì 19 settembre 2016

Recensione: "Senza più nome" di Elisabetta Barbara De Sanctis

Buon pomeriggio, amici lettori!
Dovevo pubblicare questa recensione ben tre giorni fa, ma ahimè il fato ha voluto che mi venisse un'allergia da PC e ho dovuto staccare per un po'. Ho moltissimi post in arretrato, cercherò di riprendere le fila piano piano.
Il libro di cui vorrei parlarvi oggi è uscito da poco: "Senza più nome" di Elisabetta Barbara De Sanctis.

desanctis-fronteTitolo: Senza più nome
Autore: Elisabetta Barbara De Sanctis
Editore: pubblicazione indipendente
Genere: Narrativa
Data di pubblicazione: 15/09/2016
Versione: cartaceo ed e-book
Prezzo: ed. cartacea € 13,00 - e-book € 1,99 in promo speciale fino al 18/09/2016
Pagine: ed. cartacea 260
ISBN: 978-1537564807
Link per l'acquisto: e-book - cartaceo. Il cartaceo è disponibile anche presso la Mondadori Book Store di Pescara









SINOSSI

Martina ha sedici anni e combatte contro un passato pieno di mostri, ma basta poco perché quanto ha rimosso torni a galla, con i ricordi delle violenze e degli abusi e tutto il suo carico di dolore. Quando la sua vita sembra arrivare al capolinea, decide di provare a vivere inseguendo il suo sogno di libertà: una moto e una strada su cui correre, veloce come il vento. Un viaggio che, tappa dopo tappa, la aiuterà a prendere coscienza di ciò che le ha segnato l'anima. Un viaggio per trovare se stessa. Un viaggio per ricominciare.
NOTA: le vicende narrate nel libro sono di pura fantasia, ma l’intensità e la drammaticità di alcuni passaggi lo rendono non adatto a un pubblico sensibile e facilmente impressionabile.

***


Non avevo mai letto nulla di Elisabetta e, quando mi ha contattata per segnalare o recensire il suo romanzo, non mi sono tirata indietro, incuriosita dalla trama. Dopo anni (se non decenni) di letture ormai mi considero una lettrice esigente, sotto certi aspetti. Come ad esempio che le trame scontate o già sentite non mi incuriosiscono più di tanto, e tendo a mettere da parte siffatti libri. L’incipit e la trama di “Senza più nome”, per il tema trattato, mi hanno da subito attratta, e ringrazio l’autrice per avermi dato la possibilità di recensire il suo romanzo.
Se i più classici manuali e corsi di scrittura creativa consigliano la creazione di un personaggio con un forte conflitto interiore, che lo porterà a cambiare ed evolversi durante il racconto, Martina, la protagonista del libro di Elisabetta, non può che farne parte. È una ragazza con un brutto passato alle spalle: un passato fatto di violenza, offese e stupro. Rapita per sette anni quando era una bambina, crescendo si porta dietro il suo bagaglio personale di sofferenza, cercando inutilmente di nascondere i mostri nei recessi più reconditi del suo io. Quello che ne emerge è una personalità scossa, ferita, impaurita, ma anche violenta, irascibile, autolesionista. Nessuno può aiutarla, perché lei è “marcia dentro”, come sovente ripete: alla madre, alla psicologa, alle poche persone che permette di avvicinarsi e creare un minimo di contatto. Il suo unico rifugio è la scrittura, dentro la quale si getta quando, nel bel mezzo della notte, i mostri la svegliano e le impediscono di riaddormentarsi. E sarà proprio la scrittura uno dei ponti dai quali Martina si getterà cercando di lasciarsi tutto alle spalle. Inutilmente, perché il passato è sempre nell’ombra, pronto ad acciuffarla quando meno se lo aspetta. E Martina sa che non può scappare per sempre. 
Prima o poi, i mostri vanno combattuti e sconfitti.
Il libro (che in origine era un racconto e che solo in seguito è diventato un romanzo) è suddiviso in tre parti principali: un prima, un adesso e un dopo. La voce narrante è sempre Martina, che ci accompagna lungo la sua vita, rendendoci partecipi del suo dolore, delle sue paure e della sua rinascita. Una voce narrante carica di emozione, che ci fa vivere il dramma della sua storia in prima persona: anche noi soffriamo e gioiamo con lei. Questo grazie anche alla scrittura di Elisabetta, fluente e ricca di “mostrato”.
Delle tre “parti”, quella che ho preferito di più è stata senza dubbio la prima. Le altre (che non svelo per non spoilerare troppo) le ho trovate un po’ troppo frettolose, come se l’autrice si fosse dilungata a scrivere il primo pezzo e si sia messa a correre negli altri. D’altronde, però, essendo in origine un racconto ed essendo stato ampliato in seguito, si sente la differenza. Ho apprezzato anche i vari stralci della vita di “prima” di Martina: spezzoni qua e là, immagini e frasi, che ci fanno capire quanto sia stata un’agonia la segregazione della giovane donna.
In definitiva, penso proprio che leggerò altri libri di Elisabetta: è un’autrice che non solo ha curato il suo romanzo (aspetto che purtroppo molti self tendono a tralasciare), ma ha saputo trascinarmi nella sua storia, e in quella di Martina, senza che potessi tirarmi indietro, fino alle fine.
Un romanzo non per tutti, che tratta di temi violenti in modo violento. Attenzione! Con violento non intendo un linguaggio scurrile o scene di sesso esplicito o estremo o violenza gratuita, bensì un livello emozionale, capace di entrarti dentro e segnarti l’anima. Perché (e non mi stancherò mai di dirlo) è raro trovare romanzi dove vengono trattati temi “forti”, ma lode agli autori che decidono di intraprendere questa strada, sapendo che il loro romanzo lascerà sicuramente un segno.

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