Editoria a pagamento: i costi dell'editore e il confine (labile) tra onestà e truffa

21:34:00

    Foto: Pixabay

Apriamo febbraio con un post su un argomento che interessa tutti noi amanti dei libri e dell'editoria in generale: la spinosa questione delle case editrici a pagamento.
Molti di voi conosceranno la problematica dell'EAP, sopratutto chi vuole pubblicare un romanzo, magari il primo, e non sa da che parte sbattere la testa. 
Caso di specie: il neonato autore ha inviato il proprio manoscritto a un numero illimitato di case editrici, nessuna delle quali ha risposto. O meglio. Le unice risposte (positive) gli sono pervenute da case editrici più o meno conosciute, e tutte hanno richiesto un contributo. Che fare? Basta andare su Google e digitare "editori a pagamento" per trovarsi davanti un lista pressoché infinita di articoli, commenti, opinioni. La decisione ultima spetta all'autore, ovviamente. Che dovrà farsi due conti in tasca e decidere. Pagare per vedere pubblicato il suo libro, in vero stile vanity press? O magari perseverare, inviare il proprio manoscritto ad altre case editrici, nella speranza di un riscontro positivo? La questione, a parere mio, è più spinosa di quanto non sembri. 
Tralasciando tutti i meccanismi di come funzioni l'EAP, che tutti noi conosciamo e leggiamo diffusamente su internet, vorrei concentrarmi su un punto di vista un po' sui generis: quello dell'editore stesso
Evitando di considerare editori disonesti e davvero poco seri, che offrono al povero sventurato prospettive di vendita smisurate e possibilità di diventare il fenomeno librario dell'anno, per poi sparire una volta ricevuti i soldi, vorrei mettermi nei panni del piccolo editore, anzi, minuscolo, magari che ha appena aperto i battenti della sua casa editrice.
I costi, escludendo quelli di mantenimento dell'organico e di pagamento di affitto e utenze, ci sono, eccome se ci sono. Prendiamo come esempio un romanzo da pubblicare. Innanzitutto, occorrerà almeno darne una valutazione, capire se il manoscritto è in linea con i contenuti della casa editrice (ad esempio, se la suddetta CE si occupa solo di romanzi fantasy, non credo accetterà un saggio sulla psicoanalisi). La valutazione di un romanzo dovrebbe prendere un po' di tempo. Se il romanzo viene accettato, da lì alla sua pubblicazione passeranno altri mesi. In questo lasso di tempo, il manoscritto sarà sottoposto a editing, rivisto fino all'ultima virgola, impaginato e revisionato ancora. Tutto questo, per l'editore, è un costo, a meno che non sia egli stesso che corregge, revisiona e impagina il libro. Anche in questo caso, però, il costo c'è, e si misura nel fattore tempo - il tempo impiegato nel far diventare il manoscritto un romanzo.
Pronto per essere pubblicato, il libro dovrà anche essere stampato e distribuito nelle librerie di fiducia o affidato a un distributore. I costi di stampa, soprattutto per un piccolo editore che non ha una tipografia ma che deve fare affidamento, ad esempio, ai siti di stampa online, sono un po' cari, anche se tutto dipende in via principale dal formato e dal numero di pagine. Esempio: un cartonato a colori formato A4, a parità di copie stampate, costerà certamente di più di un'edizione in brossura (i cosiddetti paperback), bianco e nero, formato A5. 
C'è, poi, la parte dei costi relativa all'amministrazione, in primis l'assegnazione del codice ISBN, che è l'elemento principale del romanzo, visto che lo contraddistingue dagli altri. Leggendo di editori che non danno un codice ISBN ai propri libri sono rimasta spiazzata. E' come se un cellulare non avesse numero di telefono. Inoltre, oltre all'ISBN, molti libri hanno anche il bollino SIAE. 
Costi, costi e ancora costi. E vogliamo parlare del dopo stampa e distribuzione? L'invio di copie saggio ai giornali e riviste specializzate, la fissazione di presentazioni, le attività di ufficio stampa... Insomma, tutta la sezione di promozione, anche online e tramite i social, che per essere fatta bene ha bisogno anche di qualche stimolo... pecuniario. Con questo non voglio dire che il marketing "free" non dia i suoi frutti, anzi. Secondo me, affinché un libro venda, ha bisogno di entrambi.
Tutta questa pappardella per tornare all'aspetto fondamentale: il piccolo editore ha le sue spese. E, in un paese dove la lettura scarseggia, dominato da grandi case editrici che monopolizzano quasi il mercato, le prospettive di sopravvivenza sono poche. Anche qui, come in partenza, ci poniamo nuovamente la domanda: che fare? 
Un editore serio, che mette tutto se stesso nella sua attività, può decidere di investire e di farlo bene: con un rischio iniziale elevato, pubblicherà il romanzo senza chiedere un euro all'autore, sobbarcandosi i costi sopracitati (ma ce ne sono sicuramente anche altri), mettendosi in gioco e tentando di vendere quante più copie possibili. In fondo, per l'editore il libro è un prodotto commerciale da vendere. E se le vendite sono buone, autore ed editore ci guadagnano. 
Di fianco all'editore serio, c'è quello che definirei editore "schietto". Uso le virgolette e andrò a spiegare il perché. L'editore "schietto" è colui che, avendo appena aperto i battenti, avendo i soliti costi e dovendo pubblicare un romanzo, vuole affrontare il rischio, ma non lo vuole fare da solo. Chiede, allora, un contributo all'autore. Ma lo fa schiettamente. In altre parole, potrebbe fare un discorso del tipo: "Carissimo Mario Rossi, mi piacerebbe molto pubblicare il tuo libro, l'ho letto e trovo che abbia potenziale. Purtroppo, il mondo editoriale è una giungla e il rischio di venirne inghiottiti è alto. Se ci dividiamo le spese, però, ed entrambi ci impegnamo, rischieremo entrambi, ma entrambi avremo dei guadagni". L'editore "schietto" apertamente chiede dei soldi all'autore, senza sotterfugi. Soprattutto, questo editore, pur avendo ricevuto una sommetta, non sparisce, ma si impegna ancora di più per vendere il suo prodotto. Della serie: "Ha pagato, è ancora più giusto che io mi impegni affinché il suo libro venda". 
Tutto questo per dire che, personalmente, non sono contro l'EAP, ma solo se questa non si riduce a una lugubre e triste ruberia. Purtroppo, editori a pagamento seri ce ne sono ben pochi. I più non leggeranno neanche il manoscritto, sparendo dalla faccia della terra una volta presi i soldi dello sventurato autore. E il brutto è che l'autore può fare ben poco. 
Tralascerei, poi, la questione del libro in sé, che spesso è pubblicato così com'è, senza nemmeno una correzione - e quindi refusi, virgole inesistenti, tempi verbali impossibili, etc. Tuttavia, qui si aprirebbe un'ulteriore discussione su qualità e contenuti di un romanzo che andrebbe oltre la dicotomia EAP/free e di cui, magari, parlerò un'altra volta.

Vorrei sentire la vostra opinione, adesso. Che cosa pensate delle case editrici a pagamento? Avete avuto esperienze? Fate sentire la vostra voce!

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4 commenti

  1. Ciao Emanuela,
    ormai sai che mi sono affezionata al self-Publishing :D ed eccetto che non vengano direttamente Mondadori o Newton a propormi un contratto, non cederò alle case editrici, a pagamento e non.
    Ma sono molto contraria alle EAP e il motivo è una mia piccola esperienza nel settore.
    Prima di autopubblicarmi ho mandato il manoscritto ad alcune case editrici, mi hanno risposto tutte a dir la verità, e avrebbero pubblicato il mio libro, a patto ovviamente che pagassi. Non ti dico la cifra che era a dir poco esorbitante. Nonostante questo avrebbero stampato 300 copie del mio libro, 185 delle quali sarebbero toccate a me. Eh?!!??! Ma che ci avrei fatto con 185 copie? Aprire una libreria?
    Altri contratti erano tutti molto simili.
    Fatto sta che capii che la cifra esorbitante che dovevo sborsare, serviva loro per coprire qualsiasi costo, e non solo quello di stampa, ma anche la percentuale del loro incasso su ogni copia.
    Il mio dubbio ovviamente si soffermava su più punti:
    1)Le CE adesso hanno un metodo di stampa chiamato Print on Demand, quindi NON HANNO alti costi. Perché quindi stampare 300 copie se poi dichiari di non raggiungere le librerie e vendere solo online?
    2)185 copie sarebbero state mie, ben più della metà. Perché? Siamo sicuri che dunque le restanti 115 le avrebbero stampate?
    3)Perché nel contratto che mi era arrivato parlavano del mio libro per tipo 10/15 righi e tutto il resto erano fascicoli pubblicitari, eventi, e promozioni? Cose non c'entravano niente con il contratto?
    4)Dopo aver rifiutato le proposte mi sono guardata intorno e ho cercato autori che al contrario di me avevano accettato. Il risultato? Nessuna pubblicità da parte della casa editrice, se non nelle prime due (massimo tre) settimane, e nessun interesse verso fiere, eventi, interviste.

    Per questo SCONSIGLIO vivamente a qualsiasi autore emergente di farsi pubblicare da una EAP.
    Se devo pagarmi una pubblicazione e nonostante questo fare TUTTO a modo mio perché la CE in questione è incapace, tanto vale autopubblicarsi.

    Esistono piattaforme di autopubblicazione molto efficaci, con una qualità di stampa davvero ottima (provare per credere), con le quali è possibile raggiungere qualsiasi book-store a nessun costo :)

    Davvero autori: non cedete alle EAP! Credete in voi e andrete avanti molto meglio ;)

    Spero di non aver fatto casino XD ho scritto tutto di getto (queste cose mi mandano in tilt XD )

    Bye

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Cara Valentina, grazie per il commento, mi ha fatto piacere conoscere il tuo parere! Anche io ho scritto il post di getto dopo uno sfogo personale :) essendo una fervida sostenitrice del self-publishing, apprezzo davvero tutti gli autori che decidono di intraprendere questa strada, in barba a tutti i disonesti che ci sono in giro u.u

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  2. Trovo questo post molto interessante e veritiero.
    Anch'io ho cercato di farmi pubblicare da casa editrici e se alcune non hanno risposto, altre si chiedendomi appunto come dice Valentina cifre davvero assurde. Altre ancora dicevano che potevo pagare a rata ma qui non si tratta di rata, del fatto invece che troppi soldi per avere poi un servizio pessimo. Perchè poi ho cercato ancora chi si fosse affidato a certe case editrici e il risultato è stato pessimo, perchè non hanno aiutato come dicevano o almeno l'hanno fatto solo nei primi momenti di "vita" del libro.
    Quindi a quel punto mi sono decisa al self publishing e devo dire che è stata una bella soddisfazione vedere le persone comprare il mio libro e commentarlo.
    Quindi come Valentina e come te sconsiglio vivamente l'editoria a pagamento!

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  3. Grazie per il commento. In effetti il self-publishing, se usato con consapevolezza, ci permette di diventare editori di noi stessi e di aggirare una considerevole fetta del panorama editoriale, la casa editrice, e di arrivare direttamente, senza filtri né restrizioni, al lettore. :)

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